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17 Ottobre 2017Qualche giorno fa ho preso parte alle trattative del mercato: non del classico mercato settimanale alle porte della città ma di quello in cui si commercia il cibo a livello mondiale. Non mancava nessuno: c’erano i rappresentanti dei paesi industrializzati, gli asiatici e gli africani, i sud americani e gli esponenti del mondo arabo-musulmano. In questo mercato ognuno dei protagonisti cercava di soddisfare il proprio fabbisogno alimentare interno scambiando ciò che aveva ( petrolio, materie prime agricole e prodotti alimentari lavorati) : inutile dire che il ricco banchetto dei paesi industrializzati è stato letteralmente preso d’assalto da chi aveva fame, quello africano, invece, dall’inizio fino alla fine delle trattative è rimasto povero e desolato.
La baraonda era così grande che l’Organizzazione Mondiale del Commercio cha deciso di intervenire dichiarando il mercato del cibo mondiale un luogo di scambio libero da qualsiasi regola, lasciando di fatto che fosse lo stesso mercato ad autoregolarsi sulla base delle forze in campo. A questo punto, le già molto evidenti disuguaglianze sono diventate distanze siderali con i paesi più poveri costretti a dover “obbedire” alla predominanza dei pochi ricchi per poter portare a casa le risorse necessarie a sfamare la propria gente.
Il prezzo del cibo non era più strettamente correlato al costo della sua produzione, ma era dettato da altre forze più grandi: le logiche commerciali delle multinazionali e della grande distribuzione, o gli accordi commerciali stretti tra pochi senza tenere da conto il resto del mondo e delle sue necessità.
Se in principio il mercato poteva sembrare un luogo di arricchimento culturale e di redistribuzione delle risorse secondo degli specifici obiettivi, adesso il mondo appariva tremendamente insolente e ingiusto dove il lavoro di tanti dipendeva dalle scelte politiche ed conomiche di pochi. Non a caso sono 795 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, di cui il 98% vive nei Paesi in via di sviluppo, di cui la stra- grande maggioranza proviene da famiglie contadine o sono agricoltori senza terra propria ma dipendenti interamente dal lavoro nei campi. *
Questo mondo non è lontano da noi anzi, sono le nostre scelte alimentari ad alimentarlo e farlo crescere. Le associazioni “diritti a sud” e “verdesalis” lavorano per sensibilizzare il territorio salentino sulla necessità di ridisegnare regole commerciali e politiche agricole tenendo conto della sovranità alimentare e del diritto universale al cibo.
So già che cosa starete pensando in questo momento: “e io che c’entro con queste ingiustizie del mondo?” . Ne abbiamo a che fare e come perchè nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa per invertire la rotta, ri scoprendo la ruralità del mercato del cibo, acquistando direttamente dal contadino vicino che lavora vicino le nostre case, meglio se pratica un’agricoltura naturale e biologica.
Il movimento della sovranità alimentare, infatti, si fonda sulla rivalutazione dell’agricoltura, della ruralità e del cibo come elementi essenziali per la sostenibilità sociale ed ecologica, non solo per le rivendicazioni di “autonomia contadina” e di autodeterminazione dei processi di sviluppo espresse dai movimenti del Sud del mondo, ma anche per far fronte delle emergenze -( alimentari, climatiche, ambientali, sociali ed economiche) globali, solo apparentemente lontane dal mondo agricolo e rurale ma strettamente interconnesse.
Il salento pullula di realtà agricole produttive e di comunità che rimandano alla necessità di valorizzare la dimensione rurale nelle relazioni interpresonali, nelle scelte alimentari e nel rispetto per il territorio. Una tra tutte le è la rete di Salento Km0 che organizza i Gruppi di Acquisto Solidale facendo da intermediario tra i produttori locali che aderiscono alla rete e la domanda dei consumatori.
*fonte wfp.org
Immagine di copertina tratta da www.aliceforchildren.it